mercoledì 26 febbraio 2014

Mano morta, bussa alla porta

..bussa 'l portòn,
sciaff 'l padron!

Sul treno/bus, accalcati e nevrotici, avvinghiati ai pali di sostegno per resistere a curve, frenate e accelerate della guida di città. Una mano è alta che si regge al palo, l'altra spunta dalla tasca dei jeans un po' per riposarsi, un po' a tastare che ci sia ancora il portafoglio. E passa l'amico del giaguaro, magari in tuta, magari in jeans, quello che deve scendere alla prossima e si divincola in preda all'ansia di non riuscire a scendere in tempo ("Permesso... permesso scusi..."), schiacciato dalla folla davanti dietro e tutt'intorno te lo sbatte addosso, appoggiando il pacco proprio dove hai la manina che si riposa. Viceversa, l'imbarazzantissimo momento in cui un'inchiodata ti spinge col pieno pube addosso alle natiche di chi ti ritrovi davanti, specie se una giovane donna in leggings, da cui rischi di prendere pure un ceffone nonostante la "piacevolezza" dell'episodio in sé.

A ballare in un posto affollato e sudaticcio, colmo di gente presa a dimenarsi come non ci fosse un domani o che passa distrattamente col drink in mano per raggiungere gli amici dall'altra parte, sballonzolando a tempo di tunz tunz, cozzando l'uno contro l'altro mano contro fianco, schiena. Natiche. Coscia. Talvolta persino li.

Le vie della disperata ricerca di un contatto possono essere davvero tante. E, come la prima volta che scoprii il cruising agli orinatoi a muro, sono arrivato agli sgoccioli dei miei '20s per scoprire che certe situazioni, quei corto-circuiti tra i due universi che ho cercato tutta la vita come un Donnie Darko di quartiere, esistono. 

Casualità. Contatti che capitano centinaia di volte inavvertitamente, talvolta senza farci neppure caso, come è giusto che sia. 

O no?

261, dove è successo per la prima volta, e al momento forse l'unico posto dove è successo davvero.

Ballavo, ubriaco ma neanche troppo, e per naturale distribuzione casuale mi sono ritrovato a dimenarmi accanto a un tizio d'un paio d'anni in meno di me, uno di quei furbetti coi capelli chiari arruffati, tshirt svolazzante e jeans strappati ciondolanti a vita bassa. Quelli poi te li trovi a ronzare in giro per la città su un vespino restaurato di quarant'anni fa e l'Eastpak sulle spalle. Ci scontro con la mano a metà tra chiappa e coscia, niente di che. Certo, non m'è spiaciuto ma manco gli ho dato troppo peso, non l'ho fatto apposta. Però non mi sono spostato
Tunza tunza parapatunza, balla per me balla balla tutta la notte sei bella, la mano dove non avevo il drink resta giù ad altezza vita. Le sue chiappe si avvicinano di nuovo - ma meno scontrosamente e molto più pigre nel riallontanarsi. Non sono sicuro di aver capito tutto in quella frazione di secondo , ma è scattata la lucidità di giocarmela. Tenere la mano bassa era solo il pre-test, passato il quale era il caso di rispondere al feedback. Quindi, cautamente (e guardando molto intensamente in tutt'altra direzione - cosa importantissima), mi sono avvicinato io strusciando leggermente il dorso della mano sui suoi jeans, lasciandomi trascinare dalla musica e senza fare movimento alcuno che potesse sembrare volontario ma totalmente, accuratamente casuale.

Da lì in poi ogni incontro coi suoi jeans si faceva sempre più frequente, pressato, strofinato, appoggiato, fino al momento magico in cui, girandosi, mi offre un pieno abbraccio del suo pacco barzottissimo schiacciandomelo sul polso. Ero sull'orlo di un infarto. Anche quando poco dopo è uscito dal locale e mi sono precipitato a seguirlo con una sigaretta in mano nella romanticissima illusione di attaccarci bottone, e l'ho visto raggiungere la sua ragazza e sbaciucchiarsela. Baci e abbracci, mi scorge e mi lancia un ultimo strano sguardo misto di sorpresa, imbarazzo e sfida.

Non ho mai più tenuto le mani al di sopra la linea di cintura quando sono stato a ballare.

E' successo ancora qualche volta. Tre o quattro stranieri/turisti/erasmus in preda ai fumi di fiumi di alcol, un tizio incamiciato che ancora me lo sogno la notte (ma che si è concesso poco) e un paio di vecchie volpi di mia conoscenza, tutt'altro che etero, che devono aver mangiato la foglia. Ma è stato bello lo stesso.

Non dimenticherò mai la volta in cui uno dei suddetti volponi (qualcosa di inenarrabile, un armadio di manzo a 4 ante con tshirt attillata e jeans corti attillati ancora di più) m'ha investito appena entrato nel locale guardandomi negli occhi. Cammina a falcate così grosse che in 4 passi attraversa la stanza, prendendo perfettamente la mira. Pochi secondi e sbam - mi schiaffa in piena mano un pacco mostruoso, vivo, gonfio di aspettative per la serata. Aspettative deluse a quanto pare: arrivato solo, è andato via solo... ma si è lasciato un po' seguire per i vicoli, girandosi compiaciuto a controllare che io non mollassi la preda, salvo poi defilarsi in prossimità di casa. Peccato.

Eppure, miseria ladra, è un trucco vecchio di secoli.

Nessun commento:

Posta un commento