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mercoledì 30 novembre 2016

Uomini che fanno pompini

C'è qualcosa, nell'immagine di un uomo che succhia il cazzo ad un altro uomo, che ha un significato così forte, così viscerale da evocare demoni impossibili da ignorare.

Enormi, spaventosi spettri che cinque millenni di patriarcato maschilista hanno sia generato che strozzato con tutte le loro forze nel tentativo di esorcizzarli (di fatto, quindi, ingigantendoli). Immagine  al cui cospetto, di colpo, il suddetto, si sveglia artigliato in pieno volto. Rivive lo storico, pericolosissimo flirt col nemico del "costruirsi una fortezza invalicabile affinché violarla (o farsela violare) possa provocare il rapimento supremo. Si, suona cervellotico, ma credetemi questo racchiude il significato ultimo e il motore di queste dinamiche spettacolari, mia croce e delizia da quando ne ho memoria. In realtà non me ne frega un cazzo di studiarle come un manuale: le vorrei solo capire per padroneggiarle appieno a mio sporco, vergognosissimo vantaggio, anche se ho capito col tempo che questo è appannaggio solo di pochi prescelti dèi in terra. Spesso sono inconsce, pura seduzione: quando le capisci non hai la possibilità di praticarle, e viceversa.

Ricordo che avvertivo il potere di quest'immagine già da molto prima che io potessi vederla o immaginarla in qualsiasi forma (pornografia, cinema, realtà, racconti di amici più grandi), figuriamoci praticarla. Acquattato in un angolino defilato della mia mente già sentivo l'aura e i passi ingombranti di questo assurdo mostro che si aggirava nelle tenebre. E sentivo l'impulso di doverlo soddisfare in qualche modo, come un prurito enorme, qualcosa di sconnesso ma irrefrenabile (ancora neanche sapevo dell'esistenza della masturbazione) e spesso cercavo di assecondarlo inventandomi pratiche assurde, pur di sentire un briciolo di trasgressione e fare qualcosa... tipo pisciarmi sulle mani quando andavo in bagno, oppure strappavo un foglio di carta da un quaderno, mi sedevo sul cesso e me lo mettevo tra le cosce e ci pisciavo sopra (sentendo delle vampate di calore e una strana turpitudine, salvo poi ritrovarmi totalmente stranito subito dopo, buttare con disprezzo il foglio nella tazza e tirare lo sciacquone pensando "ma cosa cazzo ho fatto?". Crescendo, e capendo, la situazione è andata complicandosi (ma questo è un altro paio di maniche).

La civiltà, dicevamo. L'esempio più vicino a noi, per quanto indietro nel tempo, a me sembra proprio la Roma Imperiale di cui volenti o nolenti ci trasciniamo DNA e strascichi sociali abbastanza malcelati. Beh bontà loro, almeno hanno gettato le basi del bsdm (quando si dice il Diritto Romano):


"L'omosessualità non era condannata se praticata con schiavi e liberti (in quanto era dovere di questi compiacere in tutto e per tutto le volontà del loro padrone), ma era deprecabile che un cittadino libero assumesse un ruolo passivo verso un'altro suo pari. La Lex Scatinia diceva che in caso di omosessualità tra due cittadini liberi, veniva punito quello che tra i due assumeva l'atteggiamento passivo."


Passivi, vergogna! La storia non v'ha mai perdonato. E tutt'ora non sembra averne intenzione. Per non parlare delle punizioni inflitte in caso di tradimento:


"Gli amanti colti in flagrante vengono puniti assecondando le più turpi fantasie dei mariti cornificati. E l’elenco è assai bizzarro, si sa di diverse forme di tortura inenarrabili [...] le pene più usuali sono comunque l’evirazione, la sodomizzazione e, strano a dirsi, la pratica punitiva della fellatio considerato l’atto più aberrante che si possa infliggere a un cittadino romano [e mi ci gioco le palle: anche il miglior sadicissimo orgasmo che si possa sognare il cornificato romano. Quasi un pretesto legalizzato]."

In Grecia, se possibile, le cose erano ancora più incasinate:

"Verso la fine del VI secolo, periodo in cui i simposi erano diventati un costume radicato, scene di fellatio, cunnilingus e orge cominciano ad apparire per la prima volta sui kylikes (le coppe principali, usate in quelle occasioni). Che questo genere di illustrazioni siano riferite ai simposi è deducibile da particolari quali le corone di fiori sul capo degli uomini, i flauti e le nacchere tenuti dalle etere, triclini, ecc, e ciò indica che tale condotta era accettata solo nel contesto dei simposi. Il cunnilingus era ritenuto comunque una pratica impropria (come indica anche Aristofane in alcuni suoi passi: Pace, 884-5 e Vespe 1180-83), in quanto era sminuente per un uomo dare piacere a una donna senza trarne a propria volta. E nel caso della fellatio, in cui è la donna a dare piacere, l’uomo di fatto resta passivo essendo la donna a svolgere la parte attiva, ed essere passivo era inaccettabile per un uomo. Per bilanciare la passività dell’uomo, l’artista rappresenta sempre le donne inginocchiate, in una posizione di sottomissione [in modo che risultasse l'uomo a irrumare la donna, N.d.R.] e con i tratti del viso alterati. E’ interessante notare come la più diffusa posizione del missionario non si trovi raffigurata da nessuna parte, ma di solito si vedano donne piegate in avanti, inginocchiate, sdraiate sulla schiena con i piedi appoggiati sulle spalle dell’uomo: quest’ultima posizione ha il vantaggio di offrire una buona visuale dei genitali maschili (come da intenzione dell’artista)." [quindi: obiettivo esaltazione dei genitali maschili come simbolo di virtù e forza, fonte di vitalità - ma per l'uomo stesso è 'inaccettabile' fruirne. E perfino 'subire passivamente' un lavoro di bocca è così disdicevole da doverlo camuffare in una penetrazione orale attiva. Awkward.]

E poi ci sono i riti tribali. 

Un caso particolarmente curioso di processo iniziatico di mascolinizzazione giunge dai Sambia della Nuova Guinea, presso i quali si pratica un rito di passaggio all'età adulta culminante nella fellatio omosessuale fra il neofita e un anziano. I Sambia ritengono che lo status virile non sia insito naturalmente nel carattere del ragazzo ma che occorra introdurlo artificialmente per mezzo di azioni rituali. I giovani Sambia devono adeguarsi all'ideale maschile del gruppo, caratterizzato dalla tenacia, dalla resistenza al dolore, dalla forza fisica e dal coraggio: in questo quadro va inserito l'atto omoerotico cui è costretto il giovane iniziato, che non viene considerato un agire genuinamente omosessuale in quanto il neofita non è ancora un vero uomo e quindi non può trattarsi di una relazione fra maschi adulti [...magari non è un agire 'genuino' anche perché il povero giovane preferirebbe altri modi per accaparrarsi la mascolinità?]. La centralità dell'atto omosessuale nel processo di costruzione di veri uomini si spiega attraverso la concezione fisiologica di ciò che è maschile per i Sambia: per essi solo la femminilità è un dato biologico mentre la mascolinità dev'essere acquisita, o meglio trasmessa, in quanto ogni essere umano ha un organo di maturazione sessuale chiamato tingu. Nella donna tale organo è forte e matura autonomamente, nell'uomo è debole e inattivo e ha bisogno di sperma per crescere. La fellatio rituale quindi è una vera e propria "inseminazione" della mascolinità: i ragazzi, ingerendo sperma (l'essenza della mascolinità), stimolano i propri corpi a mascolinizzarsi. Nonostante sia in Occidente che in Nuova Guinea l'ideale maschile appare connesso ad un corpo forte e resistente, i mezzi per modellarlo sono talmente diversi che, nel mondo mediterraneo del 'machismo' e dell'onore, un'azione come la fellatio omosessuale è interpretata come il comportamento più distante che si possa immaginare dall'ideale di virilità (e qui ricasca l'asino).

Forse qualcuno avrà riconosciuto la dedica di questo blog al protagonista dell'omonimo romanzo di Giovanni Comisso: Cribol, un balordo mezzo buono mezzo furbastro (mix dialettale tra Crist'Diabòl) che ha si, moralmente pochi scrupoli, ma tutto sommato cerca solo di farsi un'esistenza dignitosa. Arrivato alla mezza età con ancora tutti suoi i pruriti (più che etero)sessuali, comincia a soddisfarli con crescente fatica a causa di un'impotenza incipiente. Impotenza cui trova una cura nientemeno che... praticando sesso orale a giovani uomini (in gruppo) al culmine della loro carica sessuale per ingerirne lo sperma, indispensabile a rinvigorire la sua. Posologia: the more, the better (spoiler: a rovinare tutto, stranamente è l'intervento della Chiesa).

Quando per puro caso ho letto un accenno a questo libro in un trafiletto del Fatto Quotidiano mi s'è staccata la mascella. Sono letteralmente impazzito, l'ho cercato fino allo strenuo (era effettivamente introvabile, pare non sia mai più stato ripubblicato dopo la seconda edizione, a differenza dei suoi altri lavori, forse più "civili") e non ho avuto pace finché non l'ho risucchiato fino all'ultima pagina. Come  accaduto con "Chiamami col tuo nome" di Aciman: ho aspettato l'apertura della Feltrinelli di Torino il giorno dell'uscita italiana (ero ovviamente l'unico). Anche questo, libro non propriamente pudíco (per quanto molto romantico), ma niente di trascendentale - di testi così è pieno il mondo. Ciò che mi fatto uscire pazzo era l'idea che l'autore, André Aciman, sia etero. Un affermato professore accademico, eterosessuale ebreo-sefardita di origine egiziana con bellissima moglie e figli, potesse raccontare con dovizia di tutti i particolari che contano, la bruciante love story estiva tra due maschi, un adolescente della borghesia ligure e un giovane professore americano in vacanza ospite della famiglia. (Poi il fatto che fosse ambientato in Liguria è stata una ulteriore frustata emotiva non da poco, devo ammetterlo. Non come quella trasposizione penosa di film ambientata nelle campagne lombarde).

Continuiamo con la contemporaneità. Qui ci viene in aiuto Insegreto (ve lo consiglio tanto):


Mò se ne care 'o cielo e se ne saglie 'o pavimento. Degli etero che pagano un etero per farselo succhiare. Ok, va concesso il beneficio del dubbio che una delle parti non fosse così etero. Ma P.D. e la M.P, io che cazzo devo fare? Ah, che fine ha fatto la religione, a proposito? (Giusto per farvi scoprire l'acqua calda: io non chiederei soldi e ci metterei quel briciolo di passione in più).

E a tutti coloro che hanno voluto leggere fino qui, dico una cosa: se ne avete mai sentito la voglia, se guardando casualmente un compare seminudo negli spogliatoi o in spiaggia per una frazione di secondo v'ha sfiorato l'immagine pungendo forte... almeno una volta nella vita fatelo.

È senza dubbio l'esperienza più totalizzante che possa pervadere un uomo.

Poco fisica, non essendo doloroso e molto, molto meno impegnativo che prenderlo dietro, ma di un'intensità devastante. È tutto nella psiche. Certo, farsi scopare ci pone totalmente passivi (nonché violati), e se non si è più 'principianti' (cioè abbastanza allargati da non provare più dolore), si gode e pure tanto, ma per quanto sembri paradossale, non è minimamente paragonabile a quanto ti renda assoggettato, assuefatto, "fatalmente infilzato" essere chinati al cospetto dell'esemplare-alfa che vuole disporre della tua bocca, ciò da cui mangi, bevi, parli e respiri. Ciò che gli stai offrendo (o ciò che lui ti sta forzando) non è il culo. Etero, bisex o gay solo attivi che siate, con le dovute precauzioni, provate sulla vostra pelle la sensazione di una mano che vi spinge dietro la nuca e "v'accompagna" ad affondare tra due cosce pelose che vogliono spingervi in bocca lo stecco più controverso e affascinante della storia.

venerdì 16 gennaio 2015

Di nobili origini

Conoscete, almeno di fama, “la Morena” ?

Nonostante io ne abbia sentito parlare, inspiegabilmente, da quando ho memoria (benchè molto di rado) purtroppo ne so poco o niente, solo che è scomparsa da quasi quindici anni. Tutto il resto è solo per sentito dire, come capita per le persone che lasciano un segno (in questo caso che segnano un'epoca) e la fama oltre a precederle, le segue, regalando loro almeno qualche decade di immortalità. La Morena, classe 1938, era un travestito (o forse transessuale?) che batti e ribatti nei vicoli, nella Genova del Boom economico è riuscita a costruirsi un giro e un entourage decisamente di tutto rispetto (tanto da guadagnarsi l'epiteto di kapò dei trans, non da un signor nessuno ma dal più agguerrito dei commissari di Polizia dell'epoca). Risoluta, controversa ma d'animo generoso, è stata immortalata nella leggenda nientemeno che da Fabrizio De Andrè. Si, la graziosa di Via del Campo, occhi grandi color di foglia, era proprio lei. E lui, uno dei suoi clienti più appassionati.

Offriva ospitalità ai bisognosi che le chiedevano asilo, spesso giovani sbandati imberbi che sbarcavano dal meridione, dall'estero, dai sobborghi. Li accoglieva, ne aveva cura e dava loro un letto e un tetto, ma come direbbe lo stesso De Andrè, pur sempre puttana - pare che uno dei primi impieghi che potesse offrire, per forza di cose, fosse di esercitare insieme a lei. Romanzando un po' la leggenda, immagino che per i bei virgulti, quando non c'era la volontà o la stoffa per "esercitare", il minimo sindacale fosse almeno di ricambiare l'ospitalità giacendo con lei... (ma qui è puro mio cinema), comunque penso fosse arcinoto e ben chiaro a cosa sarebbe andato incontro chi bussava alla sua porta, vuoi da cliente, vuoi da rifugiato. Son passati di lì in molti, e ben pochi ci saranno finiti per caso. In tarda età, dopo aver "chiuso i battenti", ha acquistato un banco al mercato, forse l'altro possibile "mestiere più antico del mondo".

Un collega di mia madre, molto gay e molto genovese (anzi, l'archetipo: piglio da primadonna e accento marcato, mi ricordava tantissimo Aldo Busi in versione simpatica, occhialini inclusi) dopo qualche bicchiere di vino a pranzo s'è lasciato sfuggire qualche frase con tanti di quei puntini di sospensione ubriachi intorno che quasi mi son fischiate le orecchie. 

"Eh tuo padre quando era giovane... 
AAAAHHH boccaccia mia statti zitta!"

No, non era un apprezzamento (almeno, non credo. Anche da giovane non era affatto carino: un po' incinghialito e mezzo sdentato già ventenne - uno dei tanti motivi per cui scarto con disgusto le vecchie foto di famiglia che lo ritraevano - è approdato in una roboante Genova di fine anni 60 fuggendo dalle campagne napoletane e lavoricchiando poco e male nei peggio bar e ristoranti della città). 
Il "collega", resosi conto dell'irreparabile gaffe, ha cominciato  a minimizzare a più non posso e alle mie insistenti richieste di vuotare il sacco s'è limitato ad accennarmi della sua gioventù, dicendo che aveva già conosciuto mio padre come ospite della Morena. In pochi istanti, un groviglio di tasselli che nemmeno credevo di aver colto si sono perfettamente incastrati, e non finirò mai di stupirmi. A mio padre non ho mai chiesto nulla, un giorno forse lo farò (sperando di non fargli venire un colpo). Mi lascia comunque sbalordito che in qualche modo esista davvero una connessione Genova-Napoli per travestitismo e "vita", forse proprio in virtù della specularità delle due città come porti di mare, come dice l'articolo.

Mia madre, di famiglia siciliana traslocata prima in Belgio durante l'infanzia poi a Genova poco dopo, potrebbe essere il quadro perfetto di un bel sogno dal brusco risveglio. Figlia di proletari in pieno boom industriale, va subito a lavorare in fabbrica guadagnando non molto ma abbastanza per essere spensierata e sistemata, passa la gioventù guidando una Fiat 500 dietro l'altra. Ragazza bellissima, e non mi sto sbilanciando. Vacanze in Spagna con le amiche e perfino i flirt con i toreri, anche solo dalle fotografie trasudava una solarità, una serenità, una quiete d'animo che chissà se riuscirò mai a trovare anch'io. Giocava in una squadra di calcio femminile, e nemmeno malaccio (questo dovrebbe già farvi accendere qualche spia sul cruscotto). Quand'ero piccolo, durante le feste nelle infinite cene dai parenti ricordo quanto si divertiva, ubriachissima, a infilarsi in bagno con mia zia (moglie del fratello) quando andava a far pipí, con le scuse più stupide (tra femmine non ci si vergogna! Non si fa niente di male, ecc.), ma queste son scemate. È stato solo un paio di anni fa, quando sono definitivamente andato a vivere fuori casa e mi ha chiesto di lasciarle un pc e farle il profilo Facebook, che ho potuto toccare con mano un altro abisso insondato.

È difficile rendere l'idea, ha un bouquet di amiche totalmente sconosciute di ogni angolo del globo, la sua bacheca sembra tratta da un episodio saffico di Cinquanta Sfumature di Grigio. Donne sexy e seminude si contorcono un po' ovunque, sorridendo maliziose, con occhi chiusi sognanti e mandando baci oppure giocando con fruste e guinzagli, con commenti decisamente apprezzativi, spesso anche affettuosi, da parte di mammina. Il tutto intinto nella gioiosa ingenuità di qualcuno che non sa nulla di come funzioni Facebook, inconsapevole di come tutti vedano tutto. Incluso me. E suo fratello, e suo nipote, e sua cognata, e i suoi ex colleghi di lavoro. Ha voluto anche che le mettessi Skype, le videochiamate di Facebook e la webcam. Mani nei capelli.

Il mio episodio preferito, però, è quello della Gianna Nazionale.
Negli anni in cui mia mamma si teneva in forma, intorno ai 20/25, quando andando in Vespa con le sue amiche i vigili la seguivano in soprelevata e cadevano (quando me l'ha raccontato ho riso fino alle lacrime... una volta un vigile le si è affiancato in moto fissandole le gambe fino ad arrabbattarsi. Un vigile!) in uno di questi pomeriggi sudaticci da tapis roulant, in palestra, ha incontrato una Gianna Nannini agli esordi che neanche lei conosceva (parliamo della seconda metà degli anni '70), a Genova per un concerto e venutasi a sgranchire e rilassarsi in sauna prima della serata sul palco. E pure la cara Gianna, non propriamente insensibile al gentilsesso, deve aver notato qualcosa in questa ragazzetta dai capelli corvini. Ha attaccato bottone, si è messa a sgambettare insieme a lei, e ha insistito molto affinchè venisse al concerto e fare pure serata insieme dopo.

Non ho capito bene com'è andata a finire, mia madre mi ha buttato lì che non è andata, glissando abbastanza. Peccato, se la fossero almeno data una slinguazzata, certe occasioni non tornano a chiamarti una seconda volta.

Si, la sua unica sfortuna è stata di incontrare quel cialtrone di mio padre. E nessuno per favore s'azzardi a venirmi a dire che l'omosessualità non è genetica.




mercoledì 23 ottobre 2013

Perbenismo da spogliatoio

Ok, lo ammetto: mi sono iscritto in questa palestra per lui. Per carità, dovevo iscrivermi comunque, ma la scelta del posto è ricaduta qui (nonostante altri migliori, più vicini e a minor prezzo) perchè è un prurito che mi dovevo togliere. Da anni.

Pallido, magrino e imberbe ma viso tagliente e occhi da furbetto che decisamente no, non me la raccontano giusta, avrà un anno o due in meno di me ma già da parecchio prima di me scorrazzava in moto con annessa tuta fetish. Quando in borghese, invece, è il truzzo raffazzonato da manuale: jeans strettissimi che comunque non riempiva, scarpe non male con annessi tamarrissimi calzini bianchi, capello ingellato all'inverosimile e sorriso sfuggente e storto tutt'altro che 'mentadent'. Aggiungiamo che ha fatto per qualche anno il benzinaio e il quadro è completo - la mano sa istintivamente dove andare. Veramente ma veramente stupido, ignorante intronato peggio di una mela [ndr: sul suo Facebook ha pure messo mi piace alla pagina di Gigi D'Alessio] - ma non me frega un cazzo. Anzi.

L'ho già visto mano nella mano con la fidanzatuccia al centro commerciale, ma l'ho pure incontrato a sculettare incerto in serate gay, e le impressioni perentorie di qualche mio amico ("Quello? Ma se è inequivocabilmente gay, e fa pure schifo!") mi hanno incoraggiato.

Sgombriamo però il campo da qualsiasi aspettativa: in palestra l'ho incontrato il primo giorno, mentre io entravo lui usciva. Basta, mai più rivisto, quasi un segno del destino. Non so se ha deciso di far orari completamente diversi per non rischiare di incrociarmi neanche per sbaglio (probabile, visto che il mio celebre sguardo ultra-discreto l'ha già sondato parecchie volte) o se è stata la sua ultima volta li dentro. Beh, amen - Il minimo che potessi fare era rassegnarmi e guardarmi intorno. Dopotutto sono a Pegli: la capitale di ponente del fighetto, niente di meno, l'El Dorado dei bravi ragazzi figli di papà e di mammá, freschi curati e sani nel più piccolo e insignificante dettaglio, isola felice fuori dalla suburra del vizio e del degrado. Proprio quello che son sicuro loro guardino con malcelato desiderio.

Ma nonostante la delusione c'è di che consolarsi.

Va bene, provo a fare un po' di allenamento in questo salotto di 20mq stipato di gente gomito a gomito, 5/6 attrezzi in croce caduti in disgrazia, manubri rugginosi, tapis roulant che vanno a scatti (da grippare il cervello) e non un fottuto angolo dove fare addominali. A volte mi chiedo come possa esserci a Pegli una palestra del genere ed essere pure piena.

Peccato (strano) per gli spogliatoi (leggi: un bagno più piccolo di quello di casa mia con tre docce affiancate e rigorosamente chiuse con plexiglass zigrinato e due panche traballanti ad angolo che tappano una finestra che avrebbe tanto bisogno di restare aperta). Ma va bene, stringiamo i denti. Anzi spogliatoio piccolo, vicinanza forzata, mi dico. Certo. Inizialmente (primi di settembre) gente non ce n'era moltissima e nonostante la piccolezza era quasi impossibile incrociare qualcuno che andasse a cambiarsi nello stesso momento in cui andavo io. Poi i ritmi si sono rinvigoriti e la palestra affollata, inevitabilmente qualcuno ho cominciato a beccarlo.

Prima puntata: il grande amico di lui, decisamente non male, molto più armonioso e proporzionato nonostante le sopracciglia un po' troppo rifatte. Tonico e compatto, mi ha letteralmente fatto impazzire per i pantaloni della tuta verde mimetico che indossa continuamente, con gli elastici grossi alle caviglie.
Comincia a spogliarsi, rapido e pratico, fino a rimanere in boxer (per pochissimo tempo). Si fionda in doccia e con un gesto da maestro riesce a toglierseli da dietro la porticina in plexiglass e a posarli sulla panca senza mostrare un centimetro di pelo (al) pub(bl)ico. Per fortuna il vetro di plexiglass lascia intuire molte cose mentre si lava, specialmente di profilo, ma non fa che accrescere l'acquolina di vedere qualcosa in più. Sento l'acqua chiudersi, e lo aspetto al varco: si apre di qualche centimetro la porticina, allunga il braccio fino all'accappatoio e se lo tira dentro la doccia cominciando ad asciugarsi chiuso dentro. (...) Esce, bello rinfrescato e fiducioso, e dopo essersi asciugato bene dandomi rigorosamente le spalle, s'infila le mutande pulite con l'accappatoio addosso, solo allora lo lascia cadere per finire di rivestirsi, chiudere la borsa "ciao..." biascicato di circostanza che più di circostanza non si può, e via. (Il copione si ripete ciclicamente).

Seconda puntata: Popeye. Mi alleno tutta la sera in mezzo a ragazzetti loquaci che bene o male si conoscono di vista, tra cui questo diciotto / diciannovenne che pare avulso dal mondo di lustrini e paillettes della capitale d'avorio. Intanto non posso non notare che, poretto, gli manca un molare. Calmissimo, pasoliniano - un ritratto della virilità placida: capelli rasati a spazzola senza crestino nè fronzoli, scarpe letteralmente da ginnastica (quelle bianche da dieci euro del Decathlon), pantaloncini e canotta blu scuro slavati ma puliti e stirati da mamma chioccia. Pelle scura, occhi castanissimi e piccoli, davvero davvero bello. Allenamento molto particolare: solo le braccia, e anche poco. Ovviamente questo non passa inosservato ai suoi 'commilitoni' che immediatamente lo interrogano a riguardo. Ebbene... E' atleta agonista di Braccio di Ferro. Si! Esistono! Quando l'ho sentito m'è scoppiata una tenerezza dentro che l'avrei coccolato per un'ora facendogli il solletico e sfinirlo di baci. Arriva il momento della doccia anche per il Popeye di mammà: splendido corpo tonico, snello e olivastro, pudicizia estrema: mutande che scendono solo da dentro la doccia per rientrare pulite solo da dentro l'accappatoio.

Terza puntata: manco i colleghi. Arrivo a palestra semi deserta ed entro nello spogliatoio, e mi becco sto tizio palesemente frocissimo di tre o quattro anni in meno di me. Ho quasi un sussulto, mi si accende una lampadina con tanto di sting! dello starter dei neon.
Nulla di paragonabile a certi pezzi da novanta etero-o-presunti-tali che si aggirano li, ma non ho potuto che abbandonarmi a un sommo DAI CHE CI SIAMO CAZZO.
Tutto sommato carino - fisico asciutto, alto, mediamente pelosetto nelle gambe, forse un po' troppo pallido ma ci si passa sopra. Completamente nudo con l'accappatoio aperto spalcancato che s'asciuga appoggiato al muro sotto il phon a gambe aperte Rock 'n' Roll (AHHH si baby continua così). In tempo zero chiude la vista di tutte le sue grazie che non faccio nemmeno in tempo a scorgere, "ciao", e passa in modalità stealth: rigorosamente di spalle, finisce l'asciugatura in dieci secondi e s'infila le mutande sotto l'accappatoio, scena già vista. Ed eravamo soli. Che tristezza infinita. L'ho rivisto un altro paio di volte insieme a mister sopracciglia con tuta mimetica: sono molto amici, e perfino un cammello si accorgerebbe che ne è innamorato fradicio.

Quarta (ed ultima, ad ora) puntata: cameratismo. Questa volta mentre mi alleno ho intorno principalmente due tizi, semplicemente splendidi, uno tracagnotto che pur non essendo vestito attillato riesce a riempire con le sue grazie tutti i pantaloncini e la canotta fino a farli tracimare (e con essi anche le mie parti basse, dato che avevo perso la facoltà di distogliere lo sguardo). Biondo, sudaticcio e determinato. Poi il suo fedele compare: un tizio magrolino ma definito e spalle larghe - splendido tatuaggio colorato sul braccio dal petto fino al polso, capelli neri, naso un po' sgraziato ma sottile, occhi liquidi marrone scuro, attillato e caviglia fina quanto basta. Più, un emerito, incredibile, sconfinato imbecille - il proverbiale coglione scemo del villaggio, quello a 18 carati, la mezza sega per eccellenza, brutto e brufoloso, viso porcino pur essendo magro da anoressia, guance scavate, bocca da idiota e faccia da schiaffi, che fa il galletto del pollaio. Sempre pronto a commentare qualsiasi minchiata detta e ragazza che transita. L'imbecille e i due carini non si conoscevano, tanto quanto io e loro.

Sta finendo l'allenamento, ed entrano due tipe, due classiche incontrovertibili chiappastrettissime fighette da palestra di quartiere di fighetti. Mormorii vari ma grazie al cielo son talmente fighette (e fighetti loro) che non s'azzardano troppo. Saliamo allo spogliatoio tutti e 4 appassionatamente: io, i due carini e l'idiota di merda.

Non è stato nemmeno necessario varcare la porta dello spogliatoio che l'esordio dell'imbecille deflagra come un petardo sparato nel culo: "Eeee!! É inutile dai cazzo tanto stiamo pensando tutti alla stessa cosa!!! MA AVETE VISTO CHE DUE FIGHEE PORCODDAO CAZZO NN CI SI CREDE BELINNNN" (la mia faccia. Era da immortalare la mia faccia). E io che credevo avessimo toccato il fondo.

"òh comunque piacere eh io sono Enrico" porge la mano, non aspettava altro. La tipica rottura del ghiaccio, il merdone s'è proprio preso l'occasione per attaccare bottone, se l'è costruita avidamente. Rovista un paio di zolle della banalità e ZAC! Piacere, sono Enrico.

Pure uno dei due carini si chiama Enrico, l'altro boh. Intanto mi giro porgendo la mano anch'io, imbarazzato e già scoglionato di dover prendere parte a quest'orrenda interazione, questo pessimo inizio di convenevoli,  questa...  - wooooooosh. Io non esisto.

Ero accanto a loro, gomito a gomito, che mi stavo per togliere i pantaloncini. Si sono stretti la mano scavalcandomi perchè ero in mezzo. Si sono già girati dall'altra parte. Non ero contemplato. Non ero uno di loro. Non ero lí. Il discorso prosegue come se niente fosse.

VAFFANCULO non ho mai visto una cosa del genere (e ne ho girate di palestre). Non vedo l'ora che scada l'abbonamento trimestrale.

Addio ragazzetti vestiti fighi perfino in palestra, timide contaminazioni tra la voglia di strafare ed il senso del dovere, della decenza, della buona creanza. E con la caviglia fina, che bisogna ammettere, avete per davvero.


lunedì 1 luglio 2013

Sexual Tension


Ovvero quando scopri che quello che pensavi essere solo una circostanza allucinante, un turbinìo, in realtà ha un nome ben preciso, è più diffusa di quanto pensi e ci hanno fatto pure un film sopra.

Lui è etero, o tu sei etero, o entrambi. O ancora: si è entrambi fidanzati (con altri/e) e non ci si piace. O ancora bis: semplissimi colleghi o compagni di scuola. O ancora bis bis: si è soltanto amici, magari da molti anni. O ancora bis bis quatris: tutte queste cose insieme.


Eppure, quello sguardo che si sofferma dieci millisecondi più del normale (nessuno può farci caso, ma tu si) magari in palestra. Lo scherzo scemo, la palpatina al culo o al pacco urlando e facendo la macchietta ai froci, slinguazzando nell'aria e tirando a sè la faccia dell'altro a due centimetri dal naso. L'amichevole e virilissimo braccio sulla spalla, l'abbraccio fraterno in mezzo a una risata tra compari - niente di compromettente eh! Ma un trasporto strano ce lo avverti. E, tarlo più grosso nel cervello - non ti dispiace affatto.

Mai capitato?

Di film io ne guardo davvero pochi. E' troppo importante, è uno schiaffo nella faccia, è una frustata all'anima quando uno mi da effettivamente qualcosa, ne vengo risucchiato dentro e fatto girare tipo lavatrice. Sembra un paradosso, ma è per questo che non voglio assolutamente rischiare di subire, invece, due ore o più di qualche merdata terrificante: è un trauma, vengo irrimediabilmente inquinato dentro, peggio ancora se intrappolato in un cinema cogli amici affianco senza potermi alzare e scappare via urlando - sensazione pericolosamente vicina al rapimento.

Rapine, inseguimenti, sesso tra sfingi hollywoodiane fatte con lo stampino, missioni impossibili, sparatorie acrobatiche, cazzate inverosimili, irreali e inutili. Ma per che cosa? Intrattenimento? Inteso come 'trattenere due ore della tua vita', probabilmente.

Ma questo è semplicemente brutale.
(Lo si può guardare qui).

E lasciamo parlare il film. M'è costato svariati schizzi sotto la scrivania, non roviniamolo a parole.

Concludo con un esempio FULMINANTE, preso dalla vita reale, che ho trovato su Youtube. Benedetto candore da personal trainer...! Tocco leggerissimo - appena percettibile - la punta delle dita che sfiorano proprio li. E' spaventoso come trasmetta ogni minimo brivido che prova quel ragazzetto sotto quelle mani, che poi cingono i fianchi, sfiorano nell'incavo, sempre intorno . Fa perfino fatica a concentrarsi, cazzo! Il sorrisone, tra l'imbarazzato e il barzottello che fa a 1:53. Poi l'accompagna deciso prendendogli i polpacci a nudo... su e giù, su e giù. No dai. Vengo.




Comunque, qualcuno nei commenti ha sintetizzato meglio di me.




lunedì 13 maggio 2013

Uomini che vanno a puttane


Ci si può lamentare davvero di tutto qui, ma se c'è qualcosa che non manca sono proprio viali - corsi - lungomari dove neanche le ordinanze antiprostituzione dell'agguerritissimo ex sindaco (donna) han potuto più di tanto. E tutti ben suddivisi: zona nigeriane, zona sudamericane, zona trans, est-europee, vecchiette per camionisti senza pretese, ecc. ecc.

Uno di questi, zona est-europee e nigeriane, son costretto a percorrerlo ogni volta che torno dal centro, tra cui il venerdì/sabato a notte fonda.

Il pittoresco 'lungomare' di cui sopra si estende circa per un km e mezzo, perfettamente rettilineo: lato "mare" ben 1,5 km di muraglione di cemento grezzo con topping di filo spinato, dietro cui svettano cisterne del terminal merci, cinque/sei ciminiere delle raffinerie del terminal petroli e in qualche anfratto pure dei distributori di benzina. "Lato monte", invece, un tripudio di edifici (abitati e non) ad un livello di degrado che neanche certi scorci anni 70, incatenati in un'orgia architettonica dal Liberty di inizio 900 all'edilizia popolare post boom economico, creando un'infinità di slarghi e piccoli anfratti con furgoni scassinati dove dormono e cucinano rom e senzatetto, spazzatura e materassi putridi ammucchiati sui marciapiedi e una lunga fila di newjersey di cemento che separa la via da un controviale laterale, ufficialmente indicato come parcheggio, sancta sanctorum del mordi e fuggi di Babele, Sodoma e Gomorra messe insieme.

Sono posti che mi hanno sempre spaventato, intristito, lasciato un senso di squallore e di vuoto dentro come pochi altri. Luoghi che ho evitato il più possibile, con un enorme e pessimo pregiudizio sulla "clientela". Ho sempre trovato incomprensibile e infinitamente squallido l'uomo che va a puttane, ai giorni nostri. Molto, molto più squallido di un gay che cerca cazzo nel parco.

Quindi ammetto di essermi sentito più volte impreparato, passando di li. Vuoi per le graziose che mi correvano incontro scambiandomi per un potenziale cliente quando gli sfrecciavo accanto terrorizzato, vuoi per l'imbarazzo fortissimo ogni qualvolta mi affiancavo, superandola, qualche macchina che se ne usciva dai controviali per tornare a casa soddisfatta.

E, come da manuale, avevo ben presente le categorie che potevo trovarci:

  • il padre di famiglia, brutto e maiale/frustrato che viene a sfogarsi 
  • il vecchio bavoso con l'utilitaria scassata, venuto a buttar via il quarto/metà della pensione per sentirsi vivo quel giorno al mese
  • il camionista, panzuto e attempato, in sosta fino al mattino che apra il terminal per scaricare
  • il professionista sexually-in-charge, l'uomo d'affari con la berlina grossa, venuto a togliersi fino all'ultimo sfizio che la sua posizione dominante gli fa prudere e il suo tenore di vita gli concede di grattarsi
  • il gruppetto di pivelli freschi di patente (quale migliore statement di virilità se non inaugurare l'agognata indipendenza a 4 ruote portando gli amici al puttantour?)

Beh. A pensarci bene. Ti rendi conto di che miniera d'oro, che stupefacente vaso di Pandora di testosterone è questo? Non ho potuto fare a meno di pensarlo. In ognuno di questi deliranti rientri notturni ho sentito montare dentro di me la curiosità come un'ossessione. Avevo ragione o torto? Di cosa e di chi è fatto quest'altro lato del mondo? Che personaggi, che dinamiche, cosa cazzo succede in sto calderone? Inesorabile, mostruosa tempesta ormonale che spazza questi posti la notte in nubi isolate, livide e impazzite. Vedere un uomo arrapato sopra ogni limite mi fa impazzire, mi arrapa il doppio di quanto lo sia lui anche se so che non è verso di me che smania (sembra banale, ma l'ho realizzato consciamente solo poco tempo fa).

Per cui, ho deciso di dare un'occhiata. 

Prendere a quattro mani coraggio e tutta la discrezione che può avere o fingere un finocchio in motorino arrapato e mezzo sbronzo, casualmente accelerare fino a passare accanto col cuore in gola a qualcuna di queste 'carovane dell'amore' dopo essersi fermate a far scendere la passeggera dov'era salita poc'anzi, oppure i "vorrei ma lasciamo perdere" quelli che indugiano andando pianissimo tenendo la destra come nemmeno a scuola guida han fatto mai, frenando ad ogni lucciola vestita di strass che gli agita davanti le scosciatissime gambe autoabbronzate a pancia scoperta, poi però lasciano perdere e van via. Avvicinarmi morendo dalla voglia di guardare il guidatore e sperando che capisca che non voglio minimamente sputtanarlo (letteralmente) ma che cerco un contatto, anche solo visivo. Un giorno prenderò una saccata di botte, lo so già. Ho il panico che possano prendermi per qualcuno che non si fa i cazzi suoi.

Bene. Così ho capito quanto è tremendamente facile cadere nei clichè. Sono rimasto atterrito, letteralmente senza fiato dalla quantità di b.o.n.i - ma BONI, stramaledetti bastardi fighissimi venti/venticinque/trentenni! Truzzi o sul fighetto casual andante - soli (non in puttantour, e terribilmente seri) con la loro bella macchinetta o addirittura con la station wagon di papà (per non essere riconosciuti?) ma strabuoni, ingellati e vestiti da post-serata in discoteca. Cazzo. Mi è morto il respiro nella gola. Non sapevo che cosa provare, che malloppo gelido mi saliva e scendeva lo stomaco. Stupore assoluto, scandalo, e al contempo una rassicurazione fenomenale. Non erano tutti e soli pochi di buono reietti dell'umanità. Ma perchè?

Ora dico - hai 25/30 anni, un cazzo lungo così, sei buono come un Mojito ghiacciato servito in mezzo al deserto... Anche solo per un moto d'orgoglio, non ti viene il rifiuto di pagare per scopare? Ma come fai a volerlo, ad averne bisogno? Nell'epoca di internet, tralaltro, dove le maiale ormai cominciano ad essere un serio problema di concorrenza perfino per noi gay, che mai abbiamo temuto rivali a riguardo.

Tra questi avventori poi, ovviamente, anche una valanga di quei sessualissimi, irresistibili homo mediocris di ogni età di cui parlavo qualche post fa.

Dopo la fine del "lungomare", dopo un paio di svincoli prima di ricongiungersi alla strada principale riapprodando alla civiltà, un semaforo. Un benedetto, lungo, perennemente vuoto (di notte) semaforo rosso come un baluardo del Karma che raccoglie come un rastrello a fine corsa i turisti dopo la gita all'inferno. L'angolo delle riflessioni. O di ripensamenti dell'ultimo minuto.

Semaforo dove, puntualmente, arrivo ad accostarmi col motorino alla macchina del dannato di turno, musica truzza appena accennata, sigaretta accesa e sguardo provato e guardingo. Butto l'occhio e lo mantengo un secondo in più del dovuto nell'assurda, utopica speranza che abbassi il finestrino e attacchi bottone, magari commentando stancamente qualcuna delle amazzoni lasciate alle nostre spalle.

Una sera, se accadrà, sarò abbastanza ubriaco da sorridere e dirgli: "ma dai su... Come puoi tu pagare qualcuno per farti fare una pompa? Ma se vuoi ci penso io, dai"

Un "ok dai, segumi" dovrà pur esserci.