mercoledì 28 agosto 2013

Sogno di una notte di mezza estate, II

Sto camminando per strada nel centro di Roma (vai a sapere perchè) in pausa pranzo, cerco qualcuno dei miei amici per mangiare insieme. Giornata soleggiata e caotica ma sono preso bene, mi faccio raggiungere da Christian, fratello minore di un tizio del mio quartiere, che nel frattempo è proprio cresciuto, quasi troppo, maschio in piena poco oltre i 20anni, faccia segnata e denti un po' da marcione ma dannatamente, terribilmente sessuale. Barba mezza incolta e abbigliamento sgualcito.

Mi saluta su di giri come al solito ma a sto giro anche lui è preso benissimo, camminiamo per via dei Fori Imperiali e intanto messaggio con Jonathan, amico di vecchia data di entrambi ma più introverso. "Guarda, aah questa èrrRoma!" mi dice esaltato indicandomi le macchine che sfrecciano, la gente che passa parla e ride, gli alberi e il sole, mi mette un braccio attorno alla spalla e cammina strettissimo a me quasi facendomi barcollare. Mi stringe, mi tocca e ride, sa che sono gay e per lui è uno spasso, barcolliamo sempre di più scherzando come due scemi, mi abbraccia mi lecca il collo ridendo poi la guancia, comincia a baciarmi forte sulla faccia divertendosi come un pazzo. Gli faccio resistenza ma fisicamente è quasi impossibile, comincio a urlargli "Piantala Chri guarda che cel'ho barzotto" ma niente da fare, è inarrestabile.

Come due ubriachi entriamo e arriviamo nella stanza dove c'è Jonathan, che ci aspettava seduto a una specie di vecchio scribacchino di legno scuro tipo tavolo da studio da vecchia biblioteca  - bofonchia qualcosa tipo "Oh finalmente ce l'avete fatta" sguardo stralunato e di sufficienza mezza scherzosa. Io non so come, con un pennello da verniciatore in mano, parlo di dove potremmo andare a mangiare e comincio a spolverargli la scrivania tirando via un dito di sporcizia e sabbietta, ma manco un istante e ci si siede sopra Christian a gambe aperte, senza pantaloni, con un paio di slip di cotone grigio chiaro consunti e castigatissimi che fasciano un cazzo che sta esplodendo, con le palle mezze fuori dell'elastico ai lati - qualcosa di assurdo, uno spettacolo da mani nei capelli. Io sgrano gli occhi, sempre mezzo in botta dalla ridarella, e dico a Jonathan "Ecco vedi? Vedi? Quessssto si... " allungo le mani sempre spennellando la scrivania in mezzo alle gambe di Christian avvicinandomi a quel popò di bendiddio, mentre Christian aspettava divertito e con la faccia in estasi -

Jonathan si alza di scatto e sbotta urlando "EDDAI! ENNO'! RAGAZZI, NO!"

 Mi sveglio.

domenica 18 agosto 2013

Eccheccristo.

Sono in spiaggia da tutt'altra parte del Tirreno, cotto che non ho le forze di guardarmi intorno. Trilla Whatsapp.

Tàntùntìn.
Tàntùntìn.

Tàntùntìn. Tàntùntìn.

E come intuìsco dalla garganella, si, è proprio lui... Il maledetto rompicoglioni di un migliore amico logorroico, infoiato e tornato single (con affetto eh!). Pure lui al mare, mi chiedo proprio cosa ci sia.


Tàntùntìn.
Tàntùntìn.

3 foto di un tizio che si contorce sull'asciugamano, sui 35, capelli a spazzola, tronco scolpito alla Men's Health, culo che parla. "Quello carpioni" (miraccomando), aggiunge.


gli dico. In effetti è da barzottello.


Ci scambiamo spesso foto di bei trugni rubacchiate in giro e poi le commentiamo come cagnette in calore, ma questo mi puzza di qualcosa. Lo descrive sbrodolando come un'ossesso e chiude con «me lo sto puntando da un po'».



gli chiedo.




Sorpreso che non m'abbia risposto "ma suvvia, sciocchina!", mi giro dall'altra parte e torno a farmi annientare dalla canicola.

Passano 20 minuti, 19 e qualche secondo per la precisione.

Tàntùntìn.






Si, si sono scambiati il numero.



giovedì 8 agosto 2013

Tornando dalla pausa pranzo,

era dall'altra parte della strada. Vans basse, nere e bianche e logore.

Queste:
Jeans corti fino a poco sopra il ginocchio, appena attillati, sul blu-azzurro molto stinti quasi bianchi.
Blandissima tshirt grigia, nè attillata nè disegnata, casco slacciato in testa alla bell'e meglio, camminata ciondolante.

A volte basta davvero poco per essere Dio.

Pensateci, la prossima volta che prima di uscire passate 45minuti a scegliere la canotta giusta che s'intoni con le striature delle adidas fluorescenti a stivaletto, abbinando quei pantaloni che fasciano perfettamente il culo con l'elastico dei boxer tenuto al giusto millimetro d'altezza. Quelli che poi vi fanno morire, non sono così.

venerdì 12 luglio 2013

Haiku

Voglia di cazzo che sta travalicando ogni limite possibile.

Sono allo sbando, trasudo da ogni maledetto poro. La gente sembra leggermi nel pensiero, quando cammino i tipi che incrocio si scostano e cambiano strada (...). Devo avere delle idrovore al posto degli occhi, roba che quando ti puntano senti il rumore del risucchio prima ancora di incrociarne lo sguardo. E' umiliante.

Ciò nonostante, è paradossale, ma saltano in aria tutti i clichè. In tempo di guerra mi son proprio rotto il cazzo delle trincee, non ne posso più di accontentarmi - delle frocie pompinare, dei casi umani psicotici e sghembi da cui riesco comunque a farmi arrapare, dei Baffometti stagionati ma bentenuti che trovi a battere alle mura.

Voglio fare una pompa, dura, a un maledetto stronzo di quartiere - trugno, malpalestrato e villoso, con la tuta e i calzini bene in vista fuori dalle scarpe da ginnastica, odoroso e cacirro e con le orecchie piene di anelli. E' il mio turno, cazzo.

Non può e non deve succedere a tutti tranne che al povero stronzo che sono.


lunedì 1 luglio 2013

Sexual Tension


Ovvero quando scopri che quello che pensavi essere solo una circostanza allucinante, un turbinìo, in realtà ha un nome ben preciso, è più diffusa di quanto pensi e ci hanno fatto pure un film sopra.

Lui è etero, o tu sei etero, o entrambi. O ancora: si è entrambi fidanzati (con altri/e) e non ci si piace. O ancora bis: semplissimi colleghi o compagni di scuola. O ancora bis bis: si è soltanto amici, magari da molti anni. O ancora bis bis quatris: tutte queste cose insieme.


Eppure, quello sguardo che si sofferma dieci millisecondi più del normale (nessuno può farci caso, ma tu si) magari in palestra. Lo scherzo scemo, la palpatina al culo o al pacco urlando e facendo la macchietta ai froci, slinguazzando nell'aria e tirando a sè la faccia dell'altro a due centimetri dal naso. L'amichevole e virilissimo braccio sulla spalla, l'abbraccio fraterno in mezzo a una risata tra compari - niente di compromettente eh! Ma un trasporto strano ce lo avverti. E, tarlo più grosso nel cervello - non ti dispiace affatto.

Mai capitato?

Di film io ne guardo davvero pochi. E' troppo importante, è uno schiaffo nella faccia, è una frustata all'anima quando uno mi da effettivamente qualcosa, ne vengo risucchiato dentro e fatto girare tipo lavatrice. Sembra un paradosso, ma è per questo che non voglio assolutamente rischiare di subire, invece, due ore o più di qualche merdata terrificante: è un trauma, vengo irrimediabilmente inquinato dentro, peggio ancora se intrappolato in un cinema cogli amici affianco senza potermi alzare e scappare via urlando - sensazione pericolosamente vicina al rapimento.

Rapine, inseguimenti, sesso tra sfingi hollywoodiane fatte con lo stampino, missioni impossibili, sparatorie acrobatiche, cazzate inverosimili, irreali e inutili. Ma per che cosa? Intrattenimento? Inteso come 'trattenere due ore della tua vita', probabilmente.

Ma questo è semplicemente brutale.
(Lo si può guardare qui).

E lasciamo parlare il film. M'è costato svariati schizzi sotto la scrivania, non roviniamolo a parole.

Concludo con un esempio FULMINANTE, preso dalla vita reale, che ho trovato su Youtube. Benedetto candore da personal trainer...! Tocco leggerissimo - appena percettibile - la punta delle dita che sfiorano proprio li. E' spaventoso come trasmetta ogni minimo brivido che prova quel ragazzetto sotto quelle mani, che poi cingono i fianchi, sfiorano nell'incavo, sempre intorno . Fa perfino fatica a concentrarsi, cazzo! Il sorrisone, tra l'imbarazzato e il barzottello che fa a 1:53. Poi l'accompagna deciso prendendogli i polpacci a nudo... su e giù, su e giù. No dai. Vengo.




Comunque, qualcuno nei commenti ha sintetizzato meglio di me.




lunedì 13 maggio 2013

Uomini che vanno a puttane


Ci si può lamentare davvero di tutto qui, ma se c'è qualcosa che non manca sono proprio viali - corsi - lungomari dove neanche le ordinanze antiprostituzione dell'agguerritissimo ex sindaco (donna) han potuto più di tanto. E tutti ben suddivisi: zona nigeriane, zona sudamericane, zona trans, est-europee, vecchiette per camionisti senza pretese, ecc. ecc.

Uno di questi, zona est-europee e nigeriane, son costretto a percorrerlo ogni volta che torno dal centro, tra cui il venerdì/sabato a notte fonda.

Il pittoresco 'lungomare' di cui sopra si estende circa per un km e mezzo, perfettamente rettilineo: lato "mare" ben 1,5 km di muraglione di cemento grezzo con topping di filo spinato, dietro cui svettano cisterne del terminal merci, cinque/sei ciminiere delle raffinerie del terminal petroli e in qualche anfratto pure dei distributori di benzina. "Lato monte", invece, un tripudio di edifici (abitati e non) ad un livello di degrado che neanche certi scorci anni 70, incatenati in un'orgia architettonica dal Liberty di inizio 900 all'edilizia popolare post boom economico, creando un'infinità di slarghi e piccoli anfratti con furgoni scassinati dove dormono e cucinano rom e senzatetto, spazzatura e materassi putridi ammucchiati sui marciapiedi e una lunga fila di newjersey di cemento che separa la via da un controviale laterale, ufficialmente indicato come parcheggio, sancta sanctorum del mordi e fuggi di Babele, Sodoma e Gomorra messe insieme.

Sono posti che mi hanno sempre spaventato, intristito, lasciato un senso di squallore e di vuoto dentro come pochi altri. Luoghi che ho evitato il più possibile, con un enorme e pessimo pregiudizio sulla "clientela". Ho sempre trovato incomprensibile e infinitamente squallido l'uomo che va a puttane, ai giorni nostri. Molto, molto più squallido di un gay che cerca cazzo nel parco.

Quindi ammetto di essermi sentito più volte impreparato, passando di li. Vuoi per le graziose che mi correvano incontro scambiandomi per un potenziale cliente quando gli sfrecciavo accanto terrorizzato, vuoi per l'imbarazzo fortissimo ogni qualvolta mi affiancavo, superandola, qualche macchina che se ne usciva dai controviali per tornare a casa soddisfatta.

E, come da manuale, avevo ben presente le categorie che potevo trovarci:

  • il padre di famiglia, brutto e maiale/frustrato che viene a sfogarsi 
  • il vecchio bavoso con l'utilitaria scassata, venuto a buttar via il quarto/metà della pensione per sentirsi vivo quel giorno al mese
  • il camionista, panzuto e attempato, in sosta fino al mattino che apra il terminal per scaricare
  • il professionista sexually-in-charge, l'uomo d'affari con la berlina grossa, venuto a togliersi fino all'ultimo sfizio che la sua posizione dominante gli fa prudere e il suo tenore di vita gli concede di grattarsi
  • il gruppetto di pivelli freschi di patente (quale migliore statement di virilità se non inaugurare l'agognata indipendenza a 4 ruote portando gli amici al puttantour?)

Beh. A pensarci bene. Ti rendi conto di che miniera d'oro, che stupefacente vaso di Pandora di testosterone è questo? Non ho potuto fare a meno di pensarlo. In ognuno di questi deliranti rientri notturni ho sentito montare dentro di me la curiosità come un'ossessione. Avevo ragione o torto? Di cosa e di chi è fatto quest'altro lato del mondo? Che personaggi, che dinamiche, cosa cazzo succede in sto calderone? Inesorabile, mostruosa tempesta ormonale che spazza questi posti la notte in nubi isolate, livide e impazzite. Vedere un uomo arrapato sopra ogni limite mi fa impazzire, mi arrapa il doppio di quanto lo sia lui anche se so che non è verso di me che smania (sembra banale, ma l'ho realizzato consciamente solo poco tempo fa).

Per cui, ho deciso di dare un'occhiata. 

Prendere a quattro mani coraggio e tutta la discrezione che può avere o fingere un finocchio in motorino arrapato e mezzo sbronzo, casualmente accelerare fino a passare accanto col cuore in gola a qualcuna di queste 'carovane dell'amore' dopo essersi fermate a far scendere la passeggera dov'era salita poc'anzi, oppure i "vorrei ma lasciamo perdere" quelli che indugiano andando pianissimo tenendo la destra come nemmeno a scuola guida han fatto mai, frenando ad ogni lucciola vestita di strass che gli agita davanti le scosciatissime gambe autoabbronzate a pancia scoperta, poi però lasciano perdere e van via. Avvicinarmi morendo dalla voglia di guardare il guidatore e sperando che capisca che non voglio minimamente sputtanarlo (letteralmente) ma che cerco un contatto, anche solo visivo. Un giorno prenderò una saccata di botte, lo so già. Ho il panico che possano prendermi per qualcuno che non si fa i cazzi suoi.

Bene. Così ho capito quanto è tremendamente facile cadere nei clichè. Sono rimasto atterrito, letteralmente senza fiato dalla quantità di b.o.n.i - ma BONI, stramaledetti bastardi fighissimi venti/venticinque/trentenni! Truzzi o sul fighetto casual andante - soli (non in puttantour, e terribilmente seri) con la loro bella macchinetta o addirittura con la station wagon di papà (per non essere riconosciuti?) ma strabuoni, ingellati e vestiti da post-serata in discoteca. Cazzo. Mi è morto il respiro nella gola. Non sapevo che cosa provare, che malloppo gelido mi saliva e scendeva lo stomaco. Stupore assoluto, scandalo, e al contempo una rassicurazione fenomenale. Non erano tutti e soli pochi di buono reietti dell'umanità. Ma perchè?

Ora dico - hai 25/30 anni, un cazzo lungo così, sei buono come un Mojito ghiacciato servito in mezzo al deserto... Anche solo per un moto d'orgoglio, non ti viene il rifiuto di pagare per scopare? Ma come fai a volerlo, ad averne bisogno? Nell'epoca di internet, tralaltro, dove le maiale ormai cominciano ad essere un serio problema di concorrenza perfino per noi gay, che mai abbiamo temuto rivali a riguardo.

Tra questi avventori poi, ovviamente, anche una valanga di quei sessualissimi, irresistibili homo mediocris di ogni età di cui parlavo qualche post fa.

Dopo la fine del "lungomare", dopo un paio di svincoli prima di ricongiungersi alla strada principale riapprodando alla civiltà, un semaforo. Un benedetto, lungo, perennemente vuoto (di notte) semaforo rosso come un baluardo del Karma che raccoglie come un rastrello a fine corsa i turisti dopo la gita all'inferno. L'angolo delle riflessioni. O di ripensamenti dell'ultimo minuto.

Semaforo dove, puntualmente, arrivo ad accostarmi col motorino alla macchina del dannato di turno, musica truzza appena accennata, sigaretta accesa e sguardo provato e guardingo. Butto l'occhio e lo mantengo un secondo in più del dovuto nell'assurda, utopica speranza che abbassi il finestrino e attacchi bottone, magari commentando stancamente qualcuna delle amazzoni lasciate alle nostre spalle.

Una sera, se accadrà, sarò abbastanza ubriaco da sorridere e dirgli: "ma dai su... Come puoi tu pagare qualcuno per farti fare una pompa? Ma se vuoi ci penso io, dai"

Un "ok dai, segumi" dovrà pur esserci.

giovedì 11 aprile 2013

Altari



“Gay men are guardians of the masculine impulse. To have anonymous sex in a dark alleyway is to pay homage to the dream of male freedom. The unknown stranger is a wandering pagan god. The altar, as in pre-history, is anywhere you kneel.”


― Camille Paglia

cercherò il tuo libro, Sexual personae: arte e decadenza da Nefertiti a Emily Dickinson

venerdì 5 aprile 2013

Prigioniero


Bene, ci siamo. Temevo questo momento, lo sentivo arrivare come la musichetta paranoia negli horror. La mia fantasia sessuale mi ha teso la trappola perfetta.

Vedo sesso ovunque. Voglio sesso ovunque. Voglio vedere sesso ovunque. 

Spio - rubo immagini e le rielaboro col cazzo nella mano. Scruto qualsiasi uomo e a volte mi sorprendo a cercare di farmelo piacere in qualche modo, chiunque esso sia, per arraparmici sopra. Fortunatamente non ci riesco ancora (non è una bella sensazione) anche se, col senno di poi e a sangue freddo, mi rendo conto che costituisce causa e conseguenza del mio sconfinato apprezzamento degli uomini - in generale.

Ogni giorno, persone estremamente mediocri, normali, non immaginano nemmeno (forse) quali bombe incendiarie mi disinnescano nella testa fino a farmi ribollire il sangue. E credetemi, ognuno di questi sogni di mediocrità ad occhi aperti vale più di cento volte un qualsiasi bel tipetto palestrato, vestito a puntino e appena uscito dall'Hair Stylist (e non intendo gli effemminati depilati con 1mm di sopracciglia e bandana del tour di Madonna, tipologie talmente fuori dalle mie orbite che a stento mi appaiono umani).

La normalità, la fottutissima normalità è la trappola.
E' come non aver mai fatto sesso prima, è come aver vissuto solo di surrogati senza aver ancora trovata la persona normale.
E' una malattia - è mancanza di ossigeno - è una corda che tira intorno al collo.

Il mio tutto - non è altro che fare sesso, stramaledetto lurido sesso con un etero.
Ma come si fa?

Svegliatemi da quest'incubo.

Baby baby baby
Don't you shave your legs
Don't you double comb your hair
Don't powder puff
Just leave it rough
I like your fingers bare.

I don't need love
Forget that stuff
You know that I don't care.

I need a man

martedì 12 febbraio 2013

Aspettando il Re / Eppur m'ero giurato di non ricaderci


Travasi di bile negli anni ne sono arrivati, tanti e tali che ormai, come un chirurgo, ho imparato ad anestetizzarmi e al contempo ad affilare le lame, come una Guardia, che fiuta l'arrivo a distanza di metri e porge il pungolo.

Puntualmente passa l'Angelo en Travesti. Il cuore puro, la mente aperta. Creatura rivestita di fulgore che recita a memoria il repertorio, come una parola d'ordine studiata a lungo e usata a colpo sicuro.

Puntualmente entra. La Guardia lo scruta alle spalle ma con fare amorevole, quasi a seguire un piccolo che mette piede per la prima volta nella sua stanza piena di giochi cui nemmeno comprende il valore.

Ci ho messo mesi, forse anni a cercare di ricostruire la mia dignità. Lungi dall'esserci riuscito, ma ogni volta un passo significativo in più. Questo ha reso sempre più forte la Guardia e affilata la lama, ma anche più caloroso e ambìto il cantuccio laddietro.

Fatto sta che con tutta l'anestesia che ho in corpo il dolore non si sente, è come un circuito che non va. Un segnale che non parte più. La tristezza però sovviene - tristezza come amarezza, squallore. La rabbia come tetra considerazione di essere stati ancora una volta umiliati per il gusto dell'ego o per la pigrizia di non voler fare nemmeno i conti con se stessi, porsi e porre dei quesiti.

Ma essere considerati un errore no. Troppo comodo ritornare i propri passi quando la tua nebbia rende la strada impervia, dando quindi per scontato di averla sbagliata. Potrei chiederti se hai provato a percorrere almeno oltre il terzo passo per capire se la nebbia era dietro i tuoi occhi, anzichè vederla dritta al centro dei miei.

Di gesti rievocati e mani uguali io non sono colpevole, e la coscienza di aver avuto davanti soltanto me non t'è mai mancata. Un me che non ha ceduto ma che nemmeno si è mai negato. Che non ha ingannato nessuno (e qui, forse, l'errore l'ho fatto io) e che nulla pretendeva.

Corri pure tranquillo a Sud, perchè l'Ovest sa gestirsi anche senza la tua distratta ala, che magari davvero è sincera quando vuol giocare ad esser protettiva, ma proprio non riesce a funzionare oltre alla teatrale finalità di appagare l'autostima.

Corri pure tranquillo a Sud. Perchè a quanto pare correre è una tua specialità. Ti auguro solo di non doverti mai guardare indietro. L'esitazione, quando si è nati per alzare il bavero e tirar dritto, è solo un'angosciante spina nel fianco.

mercoledì 29 febbraio 2012

Sogno di una notte di fine estate

Del 14 agosto per la precisione. Mi trovo in centro, e per chi conosce Genova, sto girando dalle parti del Museo del Mare. E' mattino presto, dopo piena nottata di gozzoviglia, e sto girando disperato che non riesco più a trovare il motorino, non ricordo dove ho parcheggiato e mi tocca passare per retrovie poco raccomandabili della zona portuale. Salgo una scala di cemento incrostata di piscio e sacchetti di spazzatura e ci trovo, accasciato, un tizio che conosco. Fabio *****, del mio quartiere, anzi, della mia via, coetaneo o giù di lì, forse un anno in meno.

E Fabio era messo veramente male. Esausto, zoppicante e insanguinato ovunque, perfino sulle scarpe. Penso: "o è stato malmenato da un pusher, o sono siringhe usate male". Mi vede, e per un istante esita a capire. Poi mi riconosce, e negli occhi, in un lampo, gli leggo "Portami via di qui. Portami a casa, tu sai dov'è, ti prego". Esattamente come gli leggo che, vuoi per orgoglio, vuoi perchè non c'è mai stata confidenza, per quanto disperatamente possa aver bisogno non mi chiederebbe mai nulla. Così mi sforzo e ingoio la diffidenza (che per noi genovesi, si sa, è dura) e gli chiedo cosa gli sia successo, "ti serve aiuto, stai bene? Vuoi che ti porti a casa?". Fa solo uno stanchissimo cenno di assenso ma pieno di riconoscenza e mi porge la mano per tirarsi su (si, proprio come nei film allo sciroppo di glucosio). E come da copione, la fortuna vuole che avessi il secondo casco nel sottosella.

Trovo il motorino e comincia il viaggio della disperazione. Una successione infinita di insidie come solo nei sogni può succedere (perdo il cellulare, non riesco ad aprire il sottosella, il motorino non si mette in moto). La traversata è faticosissima, l'asfalto pieno di buche e rattoppi (questa, cosa piuttosto aderente alla realtà) e cerco di non pensare alla mia quasi certezza che possa essere sieropositivo mentre mi stringe, insanguinato, nelle curve.

Lui era il mio dio. Tipico bulletto di quartiere (e non parlo di un quartiere qualsiasi, diciamo il quartiere per eccellenza dell'edilizia popolare). Terribilmenteficoeforte, il centro gravitazionale dei truzzetti del circondario, anche se sempre gentile nonostante mi abbia sempre snobbato per ovvi motivi. Forse la cosa che più mi attizzava di lui era questa capacità di essere genuinamente uno stramaledetto tamarro restando una persona civile.

Lo lascio nella mia via, due discorsi su dove abiti tu, dove abito io, ci vediamo si si.
Quel che poi è accade è che tutto torna più o meno alla normalità, e io con essa ai miei giri finocchi - posti, amici, chat.

Nel frattempo, con tutto il distacco e la gradualità del caso (e che Genova impone) il saluto si fa più sincero, quando ci si incontra si scambiano due parole e ci si intrattiene pure un po' (che lusso), a volte ci scappa anche la serata da quartiere appollaiati tra i palazzi a far niente e parlare di niente, quei comizi che tanto ho sognato e invidiato nella mia infanzia. Insomma, iniziamo a frequentarci. Devo averla fatta grossa a recuperarlo quella volta, e ne sono contento. Infinite serate da soli a parlare di musica, amici in comune e un milione di fumate insieme, a pieni polmoni di quella nebbia tra onirico e psicotropo. Semplicemente stupefacente.

Non gli ho mai chiesto cosa fosse successo quella notte, avvertivo che fosse una sorta di tabù e tale è rimasto. Infondo non mi interessava granché e non avevo la minima intenzione di rompere un simile inaspettato equilibrio. Porta ancora addosso i segni di quella nottata: è sbattuto, graffi ed ematomi un po' ovunque e zoppica. Però si percepisce il miglioramento in corso.

Un sabato sera al Virgo, però (credo, il sogno sfuma ogni contorno) ci ritrovo Lui. Perfettamente a suo agio, con una manciata di conoscenti (insignificanti rispetto alle sue amicizie di quartiere - cosa che non mi sorprende affatto). Ci incontriamo guardandoci un po' disorientati. Cenno di saluto distratto e imbarazzato, poi inevitabilmente si attacca bottone, e s'accavallano momenti di gelo un po' impacciato tipico da "sono stato beccato" e piano piano, dialoghi con la solita e splendida luce negli occhi di quelle serate in camera a fumare. Sorpresa e confusione sono un vortice, odori che si mescolano, caldo e freddo, scazzo e rivelazione.

La serata è solo un lampo, e la settimana ricomincia. Ci vuole un po' per assorbire il colpo, i giorni successivi vedono una brusca battuta d'arresto del nostro assurdo, perverso idillio.

Ma una sera poco dopo il tramonto, come tra amichetti dodicenni, si ferma sotto la mia finestra a scrutare se ci sono, aspettandomi. Appena lo vedo apro e mi affaccio, è sorridente, alienato e con un misto di rassegnazione e eccitazione negli occhi. Qualcosa è scattato, come fosse impazzito, come se avesse rivisto tutto in un film - quegli anni trascorsi abitando a pochi metri crescendo insieme ma socialmente inscatolati e separati, le potenzialità anziché i rischi, come se fosse qualcosa di troppo, troppo bello per essere vero. O forse semplicemente mi ha visto con occhi diversi. Le carte questa volta si scoprono e la corte che mi fa è sfrenata, arresa, incomprensibile.

Cedo.


Mi sono trascinato addosso sto sogno per tutto il giorno crogiolandomici dentro come la coperta calda quando suona la sveglia ma no, non ti vuoi proprio alzare.

Fabio, esisti?